Uno dei dubbi più ricorrenti tra le badanti conviventi e le famiglie che le assumono è quanto tempo hanno a disposizione, in caso di decesso del datore di lavoro, per lasciare la casa. Visto anche che si prendono cura di persone malate o anziane, è un’ipotesi assolutamente non rara con cui ci si può trovare a fare i conti. Da un lato è chiaro che viene meno l’oggetto contrattuale e, di conseguenza, anche il diritto a restare in casa.Dall’altro è altrettanto comprensibile che la lavoratrice domestica debba essere messa nella condizione materiale di trovare un’altra sistemazione. La situazione può apparire imbarazzante quando i rapporti tra badante e famiglia dell’assistito sono molto buoni: si ha timore di ferire i sentimenti o sembrare sgarbati ma, dopo il trauma del lutto, questo è senza dubbio un aspetto pratico da affrontare.
Se lo chiedono i familiari eredi del defunto e se lo chiedono spesso le badanti stesse, a tutela dei propri diritti, in attesa di cercare un’altra sistemazione o un altro lavoro che includa vitto e alloggio.
Morte assistito: preavviso della badante per lasciare casa
La risposta è più semplice di quanto non si pensi. Il tempo a disposizione della badante per lasciare la casa (e parallelamente, dalla prospettiva opposta, il tempo che può restare nell’abitazione dove lavorava) coincide con la durata del preavviso nel contratto.
Per le badanti con anzianità di servizio fino a 5 anni il preavviso è di 15 giorni, oltre 5 anni di lavoro presso lo stesso datore di lavoro si può arrivare a 30 giorni.
Se però come lavoratore domestico intendiamo il custode, che hanno diritto all’alloggio per sé e la propria famiglia di cui fanno parte anche minori, il tempo concesso per trovare un altro alloggio aumenta a 60 giorni.