Infermiere di famiglia

Assistenza agli anziani: servono più infermieri sul territorio. Li chiedono gli over 65 e le famiglie

L’Italia, secondo gli ultimi dai Eurostat, è già al primo posto nel 2018 in Europa per percentuale di over 65: 35,2%, contro una media Ue del 30,5 per cento.

La buona notizia è che nel 2050 l’Italia non è più prima e a batterla è il Portogallo con il 65,8% di ultrasessantacinquenni anche se il nostro paese registrerà un forte calo demografico (popolazione -12% nel 2060), ma la cattiva notizia è che il nostro paese è al secondo posto con ben il 64,7 per cento.

Le cose peggiorano nel 2100, quando la Croazia è al top col 71,7%, l’Italia raggiunge il 66,7%: oltre due terzi della popolazione è over 65. E ancora. In un anno sono stati trattati secondo le rilevazioni del ministero della Salute poco meno di un milione di casi di assistenza domiciliare integrata, di cui nell’82,3% dei casi si è trattato di anziani. Ma gli over 65 nel nostro paese superano ormai i 13,6 milioni e la maggior parte ha bisogni di salute.

Il dato positivo, per la Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri (FNOPI), intervenuta al think thank del Meeting Salute di Rimini con Cosimo Cicia del Comitato centrale FNOPI, è che di questi casi se ne sono occupati in media per 12 ore (con 16 accessi medi l’anno) gli infermieri, contro le 3 ore  sia di tempo dedicato che di accessi delle altre figure professionali sanitarie: quattro volte e oltre di più quindi.

E gli anziani aumentano: al 1° gennaio 2019 sono 14.456 le persone in Italia che hanno compiuto i 100 anni di età, donne nell’84% dei casi. Tra i centenari secondo l’Istat, ben 1.112 hanno raggiunto e superato i 105 anni e l’87% di questi è donna. In dieci anni (2009-2019) i centenari sono passati da 11 mila a oltre 14mila, quelli di 105 anni e oltre sono più che raddoppiati, da 472 a 1.112, con un incremento del 136%.

Un segnale che conferma l’invecchiamento della popolazione visto anche che un italiano su cinque ha più di 65 anni e gli ultraottantenni rappresentano il 5,3% della popolazione. L’Italia è uno dei paesi più vecchi dell’Ue e questo richiede un nuovo sistema di assistenza sanitaria che cresca in prevenzione e controllo di numerose patologie correlate croniche dovute all’aumento della complessità di cura verso gli anziani: nel 2028, nella classe di età 45-74 anni, gli ipertesi saranno 7 milioni, gli affetti da artrosi/artrite 6 milioni, i malati di osteoporosi 2,6 milioni, i malati di diabete circa 2 milioni e i malati di cuore più di 1 milione. Inoltre, tra gli italiani ultra 75enni 4 milioni saranno affetti da ipertensione o artrosi/artrite, 2,5 milioni da osteoporosi, 1,5 milioni da diabete e 1,3 milioni da patologie cardiache.

“L’infermiere – spiega Cicia – ha vissuto nell’ultimo decennio un forte processo di professionalizzazione nella gestione del paziente anziano (formazione accademica di base e post base, formazione permanente d’aula e on-stage e di ridefinizione giuridico professionale) che lo pone nella possibilità di agire con nuove competenze e di assumere funzioni innovative quali ad esempio quella di ‘case manager’ per un efficace mantenimento della continuità assistenziale. È la figura costantemente presente nei team assistenziali – continua – ed è colui che può ricoprire un ruolo significativo sia nella gestione della fragilità che della complessità evidenziata dalla persona assistita, in questo caso del malato anziano, nella sua presa in carico, promozione dell’auto-cura, supporto alla rete parentale non che mantenimento della continuità del percorso clinico assistenziale. La difficoltà delle conoscenze, delle capacità e abilità richieste per fornire un tipo di assistenza geriatrica che possa definirsi adeguata, implica la necessità che gli infermieri specializzati in quest’area sviluppino e posseggano particolari attitudini accanto ad una specifica apertura mentale e profonda comprensione e sensibilità”.

L’infermiere geriatrico oggi, quindi, è il risultato di un processo clinico – assistenziale e sociale importante e in questo senso deve essere sviluppata e codificata la specializzazione, così come dovrebbe esserlo per chiunque operi in sanità accanto al malato, a questo nuovo malato che invecchia sempre di più. Tutto questo le famiglie italiane lo sanno, soprattutto se tra loro ci sono non autosufficienti che richiedono prestazioni tutte infermieristiche, con una matrice ampia e articolata, con più o meno elevata tecnicità, che però richiede in ogni caso l’intervento di un infermiere. Da recenti ricerche promosse dalla FNOPI è emersa la loro difficoltà di avere continuità assistenziale sul territorio e a domicilio tramite il Servizio sanitario, e la possibilità di avere accesso tempestivo al momento del bisogno ad alcune prestazioni sanitarie, tra le quali quelle infermieristiche.

Anche per questo la priorità per il futuro è per quasi l’80% degli italiani l’istituzione della figura dell’infermiere sul territorio, analoga a quella del medico di medicina generale: l’infermiere di famiglia. Una figura molto apprezzata da tutti e su cui sono presenti due recenti proposte di legge in Parlamento, che rende ottimale l’assistenza in un settore chiave per ridurre l’utilizzo improprio dell’ospedale.

Questi professionisti, oltre a dare assistenza ai pazienti, possono facilitare il percorso tra le strutture ospedaliere, le strutture territoriali e, sul territorio, tra i medici di famiglia e gli altri attori dell’assistenza e coordinare le attività assistenziali a livello territoriale e domiciliare. Tra gli obiettivi c’è la riduzione delle ospedalizzazioni evitabili e il ricorso improprio al pronto soccorso a favore dei pazienti. Anziani in testa ovviamente. 

“Il nursing geriatrico – spiega Cicia – la specializzazione in geriatria degli infermieri, ha precise finalità: mantenimento o recupero dell’autosufficienza, apprendimento all’autogestione di salute o disabilità, educazione alla prevenzione del bisogno, istruzione alle famiglie. Con due aspetti principali. Quello di tutela, che include gli interventi di tipo sostitutivo quando il paziente non è in grado di compiere in modo autonomo le azioni di vita quotidiana. Quello sanitario che comprende il monitoraggio clinico, interventi terapeutici e la programmazione assistenziale di cui un paziente necessita in fase di ospedalizzazione”.

“Per raggiungere l’obiettivo importante di soddisfare le esigenze di questa fascia sempre più ampia di popolazione – prosegue – è necessario disporre di ampie conoscenze sull’invecchiamento, sui problemi che l’anziano si trova ad affrontare. La disciplina geriatrica e la ricerca in futuro avranno ampio spazio in campo sanitario e la professione infermieristica sarà protagonista di un nuovo modello di assistenza basato sulla presa in carico globale e di promozione dell’invecchiamento: gli infermieri sono vicini alle persone, per accompagnarle nel percorso di mantenimento della salute. La nostra è un’attenzione che si deve integrare con quella di tutti gli altri professionisti, perché solo lavorando in sinergia e nel rispetto reciproco dei ruoli si possono ottenere risultati e, oltre a cure e assistenza, il mantenimento della dignità della persona”.

“I nuovi scenari sociodemografici ed epidemiologici delineati negli ultimi anni – ha aggiunto Paolo Zoppi, Direttore Dipartimento Infermieristico e Ostetrico ASL Toscana Centro – se pur largamente annunciati, ci pongono davanti alla necessità di ripensare il sistema di risposte assistenziali alla fragilità, cronicità, invecchiamento e isolamento sociale. La scelta di sperimentare nella Toscana centrale ‘l’Infermiere di Famiglia e Comunità’ – continua – ha consentito di creare per gruppi di popolazione definiti, un punto di riferimento (in team con altri professionisti) che possa dare risposte e sostegno alla fragilità, alla cura, al bisogno di continuità ed integrazione attraverso una presa in carico proattiva, continua e integrata. A un anno dall’avvio – conclude Zoppi – i primi risultati sono molto incoraggianti; l’intenzione è di estendere e portare a regime la sperimentazione entro il 2020”. 

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