Il TFR (o trattamento di fine rapporto) è la “liquidazione” – comunemente conosciuta anche come “buonuscita” – che i lavoratori dipendenti ottengono nel momento della cessazione del rapporto di lavoro. È dunque una somma di denaro riconosciuta a fine servizio, somma degli accantonamenti effettuati mese dopo mese dal sostituto d’imposta per conto del dipendente e periodicamente rivalutati. Si tratta di una sorta di retribuzione differita, che il lavoratore può anche decidere di chiedere in anticipo (in accordo con il proprio datore) o di ricevere gradualmente in busta paga.
Ma, alla luce degli ultimi interventi legislativi e delle novità in materia di previdenza, quando e come è possibile ottenere il TFR? E inoltre, una volta corrisposto al lavoratore, come viene tassato? Cerchiamo di fare il punto della situazione, partendo da quelle che sono le disposizioni vigenti e cosa stabilisce la legge per la tassazione del TFR.
Tassazione TFR, come funziona
La somma corrisposta al lavoratore grazie al TFR sarà soggetta a tassazione separata. Questo in pratica vuol dire che, al momento della cessazione del contratto di lavoro, la liquidazione corrisposta sarà tassata non secondo le ordinarie aliquote Irpef, ma tramite tassazione separata. Quello che si vuole evitare è che il lavoratore, ricevendo una buonuscita pari a tutto al denaro accantonato durante il periodo più o meno lungo in cui ha lavorato (mesi, se non anni), paghi lo scotto di un’aliquota Irpef troppa alta. Il TFR erogato infatti, se considerato alla stessa stregua di qualsiasi entrata, farebbe aumentare il reddito annuale che il lavoratore è tenuto a dichiarare al Fisco, mettendolo nella posizione di dover pagare un’imposta sproporzionata rispetto a quelle che sono le sue reali condizioni economiche.
Il TFR, per questo motivo, è soggetto a una tassazione che tiene conto del reddito annuo del dipendente (da assumere come base di calcolo) e della corrispondete aliquota Irpef da applicare, differenziandolo appunto dal TFR.
Per conoscere l’imposta dovuta, bisogna procedere con il calcolo del TFR complessivo (depurato della rivalutazione annuale, che dal 1 gennaio 2011 è già tassata all’11%), che dovrà poi essere diviso per il numero di anni e/o frazione di anni passati a lavorare. Il risultato verrà in fine moltiplicato per 12 (numero corrispondente ai mesi di un anno): ed così si ottiene il reddito annuale di riferimento.
Il reddito annuo del dipendente, come anticipato sopra, è la nostra base di calcolo. Giunti a questo step, dunque, occorrerà procedere con l’applicazione dell’aliquota Irpef media sulla base della quale il reddito sarebbe tassato in riferimento agli scaglioni Irpef vigenti: si ottiene in tal modo l’aliquota Irpef da applicare e, di conseguenza, l’imposta lorda dovuta. Il TFR da liquidare (netto) sarà quindi pari al TFR lordo totale maturato fino alla data della cessazione del rapporto di lavoro (comprensivo della rivalutazione), sottratte le eventuali anticipazioni e l’imposta netta.
Per ottenere il TFR lordo bisogna considerare il reddito lordo dell’ultimo anno di lavoro (ovvero dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno di riferimento). La cifra ottenuta va divisa per il coefficiente 13,5 e, al risultato, va sottratto lo 0,50% (contribuzione INPS a titolo di contributo per il Fondo Adeguamento Pensione). L’importo, a questo punto, va sommato al TFR accantonato negli anni precedenti e rivalutato ogni 31 dicembre, ed è così che si ottiene il TFR lordo complessivo.
Come ottenere il TFR
Per ottenere il TFR il dipendente non deve presentare alcuna domanda. La liquidazione corrisposta alla cessazione del rapporto di lavoro, difatti, è automatica. A meno che il TFR non sia stato già erogato in busta paga, inoltre, il soggetto che ha diritto ad ottenerlo può pretenderlo subito dal datore di lavoro. Solitamente i CCNL di categoria stabiliscono tempi e modi di erogazione delle somme spettanti (prevedendo anche il ricorso a possibili rate in caso di importi elevati). Qualora nei contratti di riferimento però non siano menzionati i termini precisi, il creditore può esigere il TFR immediatamente, al momento della fine del contratto.
Tassazione TFR in azienda
Il TFR accumulato in azienda può essere ricevuto al momento della conclusione del rapporto di lavoro o, parzialmente, grazie all’ottenimento di un anticipo dello stesso. Come disciplina infatti l’art. 2120 del codice civile (rubricato appunto “Disciplina del Trattamento di Fine Rapporto”) può essere richiesto un anticipo del TFR per necessità specifiche e di carattere straordinario: come spese mediche, acquisto prima casa o per far fronte alle uscite da sostenere durante i congedi per maternità, oppure ancora per la propria formazione. L’anticipo – pari massimo al 70% del TFR accumulato – può essere richiesto solo una volta nel corso del rapporto di lavoro, se sono trascorsi almeno 8 anni di servizio e se il numero totale dei dipendenti che lo hanno chiesto non supera il 4% dell’attuale forza lavoro.
Per quanto attiene la tassazione TFR in azienda, sulle rivalutazioni l’Agenzia delle Entrate ha specificato che si applica un’aliquota sostitutiva del 17%, mentre sulla parte di capitale si applica l’aliquota media Irpef in riferimento al reddito individuale. Tale misura, è bene precisarlo, vale per le rivalutazioni decorrenti dal 1° gennaio 2015, mentre per i periodi precedenti vale l’aliquota dell’11%.
Il versamento dell’imposta è annuale e a carico del datore di lavoro o ente pensionistico.
Tassazione TFR in busta paga
La Legge di Stabilità 2015 ha previsto la possibilità di poter ottenere un anticipo del TFR in busta paga. Tale disposizione, applicata in via sperimentale per il triennio 2015-2018, è poi diventata permanente e facoltativa.
La scelta di farsi accreditare il TFR in busta paga comporta però l’esclusione della prevista rivalutazione annuale. Se infatti per il TFR ottenuto in liquidazione viene applicata una tassazione separata, ovvero l’aliquota Irpef media degli ultimi cinque anni di lavoro, per il TFR in busta paga si procederà alla tassazione ordinaria, ovvero ad un’aliquota Irpef progressiva sulla base del reddito complessivo dichiarato in sede di dichiarazione dei redditi.
L’operazione di anticipo del TFR in busta paga non va a penalizzare dunque i lavoratori che percepiscono uno stipendio piuttosto contenuto (e che hanno una retribuzione non superiore a 15 mila euro l’anno): per costoro, anche se in busta paga, il TFR sarà infatti tassato con l’aliquota marginale del 23% in base al criterio della tassazione ordinaria, che in questa ipotesi corrisponderà all’aliquota media del criterio della tassazione separata.
TFR e previdenza complementare
Il legislatore, col fine ultimo di incoraggiare lo sviluppo della previdenza complementare, ha deciso di riconoscere specifiche agevolazioni fiscali a chi decide di trasferire le proprie quote TFR alle forme pensionistiche complementari.
Il TFR, che può essere liquidato sotto forma di rendita o di capitale, verrà integrato nella prestazione pensionistica. La tassazione in questi casi può variare dal 9% al 15%, variazione che dipende dalla durata del periodo di partecipazione e – pertanto – può essere molto ridotta rispetto alle aliquote Irpef medie attuali.
Tassazione TFR colf
Alcune regole differiscono per quanto concerne la tassazione TFR colf. Si ricordi, innanzitutto, che sebbene la retribuzione percepita dal lavoratore domestico sia considerabile a tutti gli effetti come un reddito di lavoro subordinato, valgono diverse regole per la tassazione rispetto a quelle che vengono generalmente applicate alle stesse classi reddituali.
Difatti, a differenza della generalità dei lavoratori dipendenti, i collaboratori domestici non hanno un vero e proprio datore di lavoro che possa agire come sostituto di imposta e che, di conseguenza, provveda a trattenere mensilmente le ritenute d’acconto sulle retribuzioni erogate e/o a rispettare impegni, oneri e scadenze che invece valgono per chi assume personale con contratto di lavoro subordinato. Pertanto, considerato ciò, trattandosi comunque di reddito di lavoro dipendente, la retribuzione annualmente percepita dalle colf deve essere indicata nel quadro RD del modello UNICO, tenendo conto, nel calcolo dell’Irpef, delle detrazioni per lavoro dipendente e per carichi di famiglia spettanti.
Nell’ipotesi di erogazione del TFR, contrariamente a ciò che avviene per i lavoratori del settore privato o pubblico (che non devono indicare l’importo del TFR in dichiarazione, in quanto il dato è già acquisito dal Fisco attraverso il 770 del datore di lavoro-sostituto di imposta), i lavoratori domestici sono sempre tenuti a compilare il quadro M del modello UNICO, dedicato ai redditi soggetti a tassazione separata.
Tassazione TFR prima casa
Il già citato art. 2120 del codice civile disciplina le possibilità di anticipazione del TFR, stabilendo che: “Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta”. Nello stesso articolo, poi, si legge che: “le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti”.
Tra le casistiche che permettono di beneficiare dell’anticipo TFR, come noto, rientra a pieno titolo anche l’acquisto o la costruzione della prima casa per il dipendente e per i figli.
Tassazione TFR ante 2001
L’art. 11 d.lgs. 47/2000 è intervenuto a modificare la tassazione del TFR, separando la quota attribuibile ai rendimenti finanziari (rivalutazione annua) dalla parte restante dell’indennità. La norma non ha carattere retroattivo, quindi si applica alle quote accumulate dal 1 gennaio 2001 in poi. Ne deriva che per i lavoratori assunti prima di tale data la base imponibile sarà “scissa” in due parti distinte:
• quella maturata fino al 31 dicembre 2000, che sarà comprensiva delle rivalutazioni e sarà ridotta di 309,87 euro per anno di anzianità;
• e quella maturata dopo il 1 gennaio 2001, che esclude la rivalutazione e su cui non spetta la riduzione annua.
Stabilito ciò, l’aliquota da applicare alla base imponibile è calcolata sempre attraverso lo stesso criterio, sia nel vecchio che nell’attuale sistema di tassazione. Dunque, si procederà con:
• calcolo del TFR complessivo (che va depurato della parte maturata dal 1 gennaio 2011 e della rivalutazione annuale già tassata all’11%);
• divisione del TFR complessivo per il numero di anni (e mesi);
• moltiplicazione del risultato per 12 mesi, che permette di ottenere così il reddito annuale di riferimento;
• calcolo dell’aliquota Irpef media con la quale il reddito di riferimento sarebbe tassato con gli scaglioni Irpef vigenti al momento in cui si cessa il rapporto di lavoro.
Dopo di che, come abbiamo visto, si applicherà l’aliquota alla base imponibile (con l’eccezione che per i lavoratori ante 2001, si dovrà tenere conto della riduzione di 309,87 euro per anno).