Sempre più numerosi e attivi. Appaiono così gli anziani d’Italia nella fotografia scattata dall’istituto di ricerca Censis. Un’immagine messa in evidenza nel convegno “Welfare familiare: l’anziano oggi, una ricchezza di cui prendersi cura”, organizzato dall’agenzia per il lavoro Openjobmetis in concomitanza con l’avvio della selezione di personale dedicato all’assistenza domiciliare. Già, “prendersi cura”: la terza età di oggi è sì, nel complesso, la più dinamica di sempre, ma porta comunque con sé anche più casi di non autosufficienza e disabilità. Questi, infatti, tendono a essere più frequenti con il passare degli anni. Ecco così che, per chi non è autonomo, contare su un’assistenza qualificata è essenziale. In altre parole, occorrerà sempre più investire sulla professionalità di chi è comunemente chiamato badante.
«Siamo tra i Paesi nel mondo con più anziani, a superarci è il Giappone», sottolinea Francesco Maietta, responsabile del settore Politiche Sociali della Fondazione Censis. Un contesto ribaltato rispetto a 60 anni fa, epoca della ricostruzione: nel 1951 gli anziani in Italia erano poco meno di quattro milioni, ora sono più di tredici milioni, il 21,4% sulla popolazione totale. «Se proiettiamo questi dati nel 2040 – aggiunge Maietta – per ogni tre persone avremo un anziano». È l’effetto di stili di vita mutatirispetto alla metà del secolo scorso, tanto che ora ci si domanda di frequente: quando inizia davvero la terza età? Secondo le convenzioni in statistica, infatti, comincia a 65 anni, ma questa idea è sempre più messa in discussione dai fatti concreti, e soprattutto dai diretti interessati. Come rivela l’indagine, sono milioni gli “over 65” che fanno attività fisica, frequentano scuole di ballo, si dedicano al volontariato, continuano a lavorare spostandosi in auto. Insomma, l’84,5% delle persone consultate valuta in modo positivo la propria vita: nel dettaglio, il 48,6% dei casi ritiene di occuparsi di ciò che lo gratifica e lo fa stare bene, e il 35,9% vorrebbe tenersi ancora più impegnato. Date queste condizioni, «Guai a essere catastrofisti quando si parla di società più vecchia», ammonisce Maietta. Allora l’ingresso nell’anzianità con quale evento si può far coincidere? La maggior parte delle persone interpellate, pari al 53,8% dei casi, non ha dubbi:si diventa anziani con la perdita dell’autosufficienza. Secondo i dati Censis, nel nostro Paese gli anziani con limitazioni funzionali sono più di due milioni e mezzo, pari al 19,8% del totale. Ci sono poi i casi più complessi, rappresentati da chi vive costretto in casa, a letto, e, più in generale, in una situazione di confinamento: si tratta di più di un milione e duecentomila persone, il 9,7% dei rappresentanti della terza età.
Quando l’autosufficienza di un familiare viene meno, sempre più spesso si fa ricorso all’assistenza di badanti: nel nostro Paese sono 700 mila, per un impegno di spesa privata da parte delle famiglie pari a 9 miliardi di euro l’anno. Secondo l’80% degli italiani, le badanti hanno salvato una generazione di anziani, alleggerendo allo stesso tempo l’onere dell’assistenza che altrimenti graverebbe del tutto sui familiari. Una soluzione, dunque, frequente anche se con delle imperfezioni: da una parte, infatti, i familiari si trovano comunque in difficoltà nei momenti non coperti dall’assistente, mentre dall’altra ci sono badanti “improvvisate”, senza una formazione adeguata.
Quali rimedi, dunque? «Ci sono famiglie che hanno sacrificato l’aspetto economico per l’assistenza domiciliare – fa notare Maietta – Servirebbe un aiuto dallo Stato, magari sotto forma di risorse pubbliche a sostegno dei nuclei familiari, finora lasciati soli a gestire la questione dell’assistenza. Bisogna poi avere degli operatori in grado di qualificare e innalzare il livello del servizio delle badanti, le quali, ricordiamo, svolgono prima di tutto un lavoro di relazione con la persona non autosufficiente. Gli operatori devono dare rassicurazione alle famiglie, fornendo anche informazioni su come gestire gli aspetti retributivi e burocratici connessi al servizio delle badanti. In questo modo, la qualità dell’assistenza in Italia potrebbe essere migliore che in altri Paesi».
Dopo la cura prettamente familiare del passato, e nel solco di quella caratterizzata dal “badantato” attuale, si pongono dunque le basi per un supporto più avanzato agli anziani.