Livelli essenziali di salute e percorsi assistenziali a domicilio
Il Servizio sanitario nazionale (SSN), come previsto dall’Art. 22 del DPCM 12 gennaio 2017 che definisce e aggiorna i livelli essenziali di assistenza, garantisce alle persone non autosufficienti o in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse, percorsi assistenziali a domicilio costituiti dall’insieme organizzato di trattamenti medici, riabilitativi, infermieristici e di aiuto infermieristico necessari per stabilizzare il quadro clinico, limitare il declino funzionale e migliorare la qualità della vita.
Le cure mirano a stabilizzare il quadro clinico, a limitare il declino funzionale e a migliorare la qualità della vita della persona nel proprio ambiente familiare, evitando per quanto possibile, il ricorso al ricovero ospedaliero o in una struttura residenziale. In ogni caso l’ASL assicura la continuità tra l’assistenza ospedaliera e l’assistenza territoriale a domicilio.
Il suddetto articolo prevede inoltre una suddivisione delle cure domiciliari per livelli di complessità assistenziale:
- di base, caratterizzate da prestazioni occasionali;
- integrate (ADI) di I^ livello, caratterizzato da un Coefficiente d’intensità assistenziale (CIA) fino a 0,30;
- integrate (ADI) di II^ livello (CIA tra 0,31-0,50);
- integrate (ADI) di III^ livello (CIA >0,50) (CIA: rapporto tra giornate di effettiva assistenza nelle quali è stato effettuato almeno un accesso domiciliare e giornate di cura dalla data della presa in carico alla cessazione del programma).
Le cure domiciliari sono integrate da prestazioni di aiuto infermieristico e assistenza tutelare professionale alla persona (ad es. cura e igiene della persona, aiuto nella deambulazione, supervisione assunzione terapia farmacologica). Tali prestazioni sono interamente a carico del SSN per i primi trenta giorni dopo la dimissione ospedaliera protetta, e per una quota pari al 50 per cento nei giorni successivi, il restante 50% è a carico del Comune che ha facoltà di chiedere all’utente di coprire con risorse proprie parte della quota (su base ISEE), secondo quanto previsto dalla normativa regionale e comunale.
Tuttavia, gli interventi di assistenza tutelare sono purtroppo poco precisati come livello essenziale da garantire, e sono messi in atto con modalità estremamente diverse nei vari territori.
Le cure domiciliari, come risposta ai bisogni delle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, dovrebbero integrarsi con le prestazioni di assistenza sociale e di supporto alla famiglia, secondo quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 febbraio 2001 recante «Atto di indirizzo e coordinamento sull’integrazione sociosanitaria». Il bisogno clinico, funzionale e sociale è accertato attraverso idonei strumenti di valutazione multidimensionale che consentano la presa in carico della persona e la definizione del «Progetto di assistenza individuale» (PAI) sociosanitario integrato.
Gli interventi domiciliari di lungassistenza agli anziani non autosufficienti nella Città di Torino. Modalità organizzative
Gli interventi domiciliari di lungassistenza (LA) normati dalla Regione Piemonte con DGR n. 39−11190 del 6/04/2009, rappresentano l’attuazione locale dell’integrazione sociosanitaria per il mantenimento a domicilio delle persone anziane non autosufficienti. La LA può integrarsi con il sostegno delle Cure domiciliari più prettamente sanitarie: di base (ADP) o Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) di I°, II°, III° livello.
La richiesta della LA è subordinata alla presentazione della domanda di valutazione multidimensionale all’Unità di Valutazione Geriatrica (UVG) competente per il Distretto sanitario dell’ASL di residenza da parte dell’anziano. La richiesta dell’anziano deve essere accompagnata dall’impegnativa del Medico di Medicina Generale comprensiva di una Scheda di sintesi informativa sanitaria, l’accertamento ISEE o, in passato una dichiarazione sostitutiva unica della condizione reddituale e patrimoniale (DSU).
Entro 90 giorni dalla data di ricevimento della richiesta, l’UVG esegue la valutazione sanitaria e sociale utilizzando uno strumento elaborato all’interno della Regione Piemonte: la “Cartella geriatrica”, attesta il livello della non autosufficienza, elabora il Progetto Individuale concordato con l’interessato e la sua famiglia e lo inserisce in una graduatoria d’attivazione dell’intervento.
Gli interventi a sostegno della domiciliarità contemplabili nel Piano Assistenziale Individuale (P.A.I.), si articolano in:
- prestazioni di assistenza familiare;
- prestazioni di assistenza domiciliare da parte di operatori sociosanitari;
- affidamento diurno;
- ricoveri di sollievo;
- telesoccorso;
- pasti a domicilio.
Tale sostegno si configura come erogazione monetaria riconosciuta al beneficiario o come prestazione diretta da parte di figure professionali. Le prestazioni possono essere erogate tramite:
- assunzione di un Assistente Familiare di fiducia dell’assistito;
- acquisto di prestazioni di assistenza domiciliare da parte di Assistente Familiare e/o OSS;
- acquisto del servizio di telesoccorso;
- acquisto di pasti a domicilio.
I PAI hanno dei massimali di spesa previsti dalla normativa regionale, differenziati per livello d’intensità assistenziale, espressione del grado di bisogno derivante dalla non autosufficienza, valutato dall’UVG:
- € 800,00 per PAI di Bassa intensità;
- € 1.100,00 per PAI di Media intensità;
- € 1.350,00 (€ 1.640 se anziano senza rete familiare) per PAI di Medio/Alta intensità.
Dal 1 giugno 2021 i massimali sono stati ridotti e differenziati su due condizioni, in applicazione dei criteri previsto dal Piano Nazionale per la non autosufficienza:
- € 600,00 per PAI a soggetto con disabilità grave;
- € 800,00 per PAI a soggetti con disabilità gravissima.
Le quote sociali e quelle sanitarie, ciascuna corrispondente al 50% del valore del PAI possono essere rispettivamente integrate fino a € 200,00 in base all’ISEE presentato e/o con prestazioni sanitarie integrative sulla base delle valutazioni cliniche e terapeutiche.
I PAI non devono obbligatoriamente raggiungere sempre il massimale di spesa e possono altresì prevedere il loro superamento, la cui quota eccedente il massimale è però a carico dell’assistito.
I punti di forza di questo modello (in atto da più di 15 anni) sono la possibilità di trasformare il budget per i PAI in molti interventi diversi, da adattare alle necessità del paziente e della famiglia (ad esempio non solo necessariamente ore OSS o contributi in denaro), e l’elevato volume di spesa possibile al crescere del bisogno (e dunque il significativo numero di ore di tutela offerte).
Risultati dello studio
A giugno 2021 n. 1.845 anziani (0,82% della popolazione ultrasessantacinquenne) usufruivano di sostegni domiciliari di LA con interventi differenziati per intensità assistenziale che aumenta con l’avanzare dell’età e verosimilmente del grado di non autosufficienza.
Le donne sono prevalenti: 1.424 (77,2%) a fronte di 421 (22,8%) uomini. L’età media è di 85 anni (DS ± 7; 65-106), 87 anni tra le donne e 83 tra gli uomini.
Tra la tipologia di interventi attivati prevalgono la messa a disposizione di Assistenti familiari (33.6% dei progetti assistenziali) affiancate spesso da OSS (29.1%) che supervisionano l’efficacia del progetto per conto dell’Assistente Sociale del Comune di Torino e dell’Infermiere dell’ASL che hanno predisposto congiuntamente il Piano individuale d’Assistenza (PAI) con l’assistito e sua famiglia. A seguire l’intervento di erogazione all’anziano di un Assegno economico di cura di contribuzione al pagamento di Assistenti familiari che hanno stipulato un contratto direttamente con l’assistito (25.1%).
Il PAI può prevedere più interventi congiunti che si integrano tra loro, aumentando il grado di sostegno all’anziano non autosufficiente, come ad esempio: presenza per alcune ore della giornata dell’Assistente familiare, contemporanea attivazione di un Telesoccorso, fornitura di pasti a domicilio, ecc.
Gli interventi di LA possono durare anche per più anni (media di 2-3 anni), a volte con modifiche nell’articolazione del PAI, con un elevato impegno di spesa da parte del SSN corrispondente sempre al 50% dei valori dei progetti. L’aumentare progressivo della spesa per sostenere questa tipologia di aiuti ha richiesto di introdurre dei criteri di priorità d’inserimento, la costituzione di una lista d’attesa e un contingentamento dei nuovi assistiti proporzionale alle interruzioni dei progetti già attivi per inserimento in Strutture residenziali o decesso dell’assistito.
L’integrazione con le Cure domiciliari sanitarie multi professionali (ADI) risulta più elevata rispetto all’insieme della popolazione ultrasessantacinquenne di Torino (9,8% vs. 2,8%), ma anche rispetto al gruppo di controllo ritenuto maggiormente similare alla popolazione con LA attiva costituita da: ultrasettantacinquenni con disabilità accertata pari o superiore al 67% (6,2%). Analoga maggiore integrazione è stata rilevata anche con l’utilizzo dell’Assistenza domiciliare programmata (ADP) da parte del proprio medico di medicina generale.
Lo studio evidenzia che tra la popolazione anziana ultrasettantacinquenne con sostegni domiciliari di LA i ricoveri ospedalieri sono molto più ridotti rispetto al resto della popolazione: 12,6% vs. 30% della restante popolazione ≥75 aa con invalidità ≥ 67%.
La Lungassistenza domiciliare, come si evidenzia nella Tabella 6 del report allegato a questo articolo, sembrerebbe quindi esercitare una funzione protettiva (Odds ratio 0,34) e ridurre i rischi di scompenso o d’insorgenza di complicanze delle seguenti patologie con necessità di ricovero ospedaliero: broncopneumopatie croniche, altre malattie del polmone, scompenso cardiaco, ictus, aritmie, ipertensione, ischemie, cardiomiopatie, diabete mellito, fratture del femore, demenza, psicosi, etilismo, morbo di Parkinson, emiplegia, SLA, insufficienza renale cronica, ulcere da decubito, artrosi, trattamento con chemio o radioterapia.
Inoltre, qualora un ricovero ospedaliero si renda necessario, lo studio evidenzia che la LA eserciti una funzione preventiva anche sulla necessità di attivare interventi di continuità delle cure post dimissione ospedaliera (3,9 vs. 7,4%; Odds ratio 0,51).
È quindi verosimile secondo i dati empirici rilevati, che il sostegno fornito dall’Assistente famigliare, integrato da OSS e se necessario dall’Infermiere e Medico dell’ADI, supporti l’anziano negli atti di vita quotidiana, migliori le capacità dei caregivers di sorvegliare le sue condizioni cliniche prevenendo o anticipando stati di compenso delle più frequenti patologie croniche e mantenga il domicilio come ambiente tutelato idoneo per un rientro dopo un eventuale ricovero ospedaliero.
Conclusioni
Il sostegno alla domiciliarità attraverso interventi sociosanitari di Lungassistenza domiciliare, oltre a migliorare verosimilmente la qualità di vita degli anziani che ne usufruiscono, e ad evitare ricoveri in RSA indesiderati e inappropriati, sembra efficace anche nel prevenire ricoveri ospedalieri per quadri patologici cronici nei soggetti ultrasettantacinquenni. Inoltre, qualora il ricovero ospedaliero si renda necessario, riduce il bisogno di attivare interventi di continuità assistenziale alla dimissione, con una verosimile riduzione dei tempi stessi di ricovero.
La riduzione dei ricoveri, stimata tra il 29 e 39% degli anziani ultrasettantacinquenni in LA, corrisponde ad una popolazione tra le 256 e 412 persone, il cui ricovero medio secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità è di 6,8 giornate con un costo medio quotidiano di € 712,00. Ne consegue, per l’effetto protettivo della LA un risparmio stimato tra € 1.093.632 e 1.760.000 per il Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Inoltre, se il bisogno di continuità cure per gli ultrasettantacinquenni che vengono ricoverati è stimata tra il 39 e il 67% dei dimessi, il venire meno della LA, aumenterebbe il numero di anziani (tra le 100 e le 276 persone) che necessitano di continuità cure alla dimissione ospedaliera, con costi aggiuntivi per il SSN.
In conclusione, poiché in questo momento sono in preparazione riordini nazionali dell’assistenza ai non autosufficienti, converrebbe tener conto di ciò che le evidenze empiriche dimostrano: accanto agli interventi domiciliari sanitari occorrono robusti interventi di sostegno negli atti della vita quotidiana, sociosanitari, per gli effetti positivi plurimi sull’utenza e di risparmio del Servizio Sanitario Nazionale.
Fonte: https://welforum.it