Indennità di accompagnamento: riforma possibile?

Riformare l’indennità di accompagnamento.

La misura più importante di sostegno alla non autosufficienza ‒ ne usufruiscono un milione e mezzo di anziani ‒ nacque 30 anni fa e da allora è rimasta graniticamente uguale a se stessa. Una misura per cui si spenderanno quest’anno 14 miliardi di euro, quasi un punto di Pil. Per la popolazione anziana serve trasformare l’indennità in quella che ho chiamato una “dote di cura”. Essa supera i limiti della vecchia misura: gradua l’importo erogato in relazione a livelli diversi di non autosufficienza e incentiva l’uso delle risorse erogate per fruire di servizi (contribuendo così alla prima proposta indicata). In questa direzione occorrono due operazioni. In primo luogo bisogna distinguere due misure diverse, per le diverse condizioni e i differenti bisogni delle persone cui ci si rivolge: una riguardante i disabili giovani e adulti e una, la dote di cura appunto, gli ultra 65enni. In secondo luogo occorre trasferire la gestione di questa dall’Inps alle Regioni e gli enti locali. Scelta obbligata se si vuole legare le prestazioni monetarie alla rete dei servizi e alle risorse della comunità locale.

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